
Georges Simenon
La casa dei Krull
La casa dei Krull è al margine estremo del paese e loro stessi ne vengono tenuti ai margini. Benché naturalizzati, restano gli stranieri, i diversi. Da sempre e nonostante gli sforzi fatti per integrarsi. Nel loro emporio non si serve la gente del luogo, neanche i vicini, ma solo le mogli dei marinai che a bordo delle chiatte percorrono il canale. E quando davanti all’emporio viene ripescato il cadavere di una ragazza violentata e uccisa, i sospetti cadono fatalmente su di loro.
In un magistrale crescendo di tensione, e con un singolare (e formidabile) rovesciamento, vediamo montare l’ostilità della popolazione francese verso la famiglia tedesca e l’avversione per una minoranza, che rappresenta un perfetto capro espiatorio, degenerare progressivamente in odio e violenza. Mentre, all’interno della casa dei Krull, ciascuno deve fare i conti con le proprie colpe e le proprie vergogne nascoste.
In questo romanzo oscuramente profetico, scritto alla vigilia della guerra, Simenon affronta un tema che gli sta molto a cuore e lo fa scegliendo il punto di vista, disincantato e sagace, di un cugino dei Krull, un ospite tanto più inquietante, e imbarazzante, in quanto diverso, per così dire, al quadrato: diverso, come i Krull, dagli abitanti del paese, ma diverso anche da loro stessi, perché dotato di un buonumore “sconosciuto in quella casa” e di una disinvoltura, di una “leggerezza fisica e morale” che la rigida etica protestante paventa e aborre. E sarà proprio questa sua intollerabile estraneità a scatenare la tempesta.


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